2 Novembre 2004. Una nube tossica fuoriesce dalla raffineria di Milazzo: è la seconda in una settimana. Le vittime sono ancora una volta soprattutto gli studenti del liceo artistico. Finiscono in pronto soccorso in un centinaio, i più gravi vengono ricoverati in ospedale.
Inizia da qui una settimana di manifestazioni e proteste che coinvolge tutta la città. Un enorme corteo spontaneo, formato dagli studenti di tutte le scuole, blocca per una mattina intera la strada che dalla silvanetta da accesso alla raffineria. Ci sono migliaia di persone, si tratta della manifestazione più grossa a Milazzo che la nostra memoria ricordi.
Ed è anche periodo di campagna elettorale. L’allora sindaco uscente Nastasi si spertica in dichiarazioni di solidarietà ai ricoverati e fa promesse di ogni genere. Lo stesso fa il suo sfidante, il carissimo Lorenzo Italiano. E così avviene l’incredibile: la lotta degli studenti ottiene un risultato pratico, una vittoria. Dopo vari cortei, blocchi del traffico, comizi, interviste, articoli della gazzetta del sud a otto colonne, l’amministrazione comunale è costretta ad istallare delle “centraline” che dovranno rilevare i valori dei gas tossici presenti nell’aria. Non si tratta di chissà quale vittoria, la montagna ha partorito un topolino. In cambio di un centinaio di intossicati, ecco qualche centralina. Ma dopo anni di omertà assoluta delle istituzioni sul disastro ambientale che vive la nostra città, sembra comunque un piccolo passo in avanti.
Ma le centraline, appena istallate, non funzioneranno mai. E verranno rimosse nel giro di tre mesi: non se ne parlerà mai più.
Il 10 Novembre 2004, quasi come se la giustizia seguisse l’onda dell’opinione pubblica (ma và!), dal tribunale di Barcellona arriva una condanna a quattro dirigenti della raffineria. La sentenza è chiarissima: i DIRIGENTI hanno violato per tre anni, dal 1999 al 2002 (cioè semplicemente gli anni in cui si erano concentrate le indagini), le norme preposte a tutela della salubrità dell’ambiente. Vengono inflitti in totale una dozzina di anni di carcere. Non solo: il tribunale decreta anche il risarcimento dei danni a favore dei cittadini e le associazioni che si sono costituiti parte civile. Ecco un altro fatto abilmente rimosso dalla memoria collettiva.
Da quella frenetica settimana del 2004 l’intervento della politica sull’inquinamento a Milazzo è stato inesistente. Semplicemente (al di fuori della campagna elettorale di tutti, ci mancherebbe!!) non se ne è più parlato. Eppure, da allora, si sono susseguiti una sfilza enorme di studi, interventi, denunce di malati… che a raccogliere tutto si potrebbe completare una bibliografia. Persino, nel 2013, nell’ambito di una delle innumerevoli indagini che sembrano sempre finire nel nulla, sono stati sequestrati dalla Capitaneria di porto interi impianti della raffineria. Nel mare di vaccarella e levante, secondo il tribunale, erano finiti “61 mila metri cubi di idrocarburi”, mentre i dirigenti “non attivavano le procedure necessarie a evitare lo sversamento”.
Dal 2004 ad oggi, al contrario, la raffineria ha ritenuto molto utile di comprare il consenso della gente (oltre ovviamente quello incondizionato che nutre dalla maggioranza dei suoi dipendenti). Ha distribuito denaro a destra e a manca: realizzato parchi giochi, illuminato lo stadio, sponsorizzato innumerevoli manifestazioni sportive, patrocinato eventi e giornate di ogni genere e natura.
Adesso, però, siamo nuovamente in campagna elettorale. E così, il sindaco Pino e la sua giunta di assessori, lanciano qualche segnale di propaganda. Si aprono “tavoli” e si annunciano nuovi “tavoli”. Sebbene questi attori abbiano dimostrato di infischiarsene apertamente dell’ambiente al pari dei loro predecessori, le veline di oggi-milazzo sono comunque pronte a raccogliere ogni “notizia” con un copia-incolla. Ed ecco che un problema classificato dai tribunali come “disastro ambientale” venga trattato dai tavoli della giunta Pino con la dicitura di “odori molesti”. Eh già, è solo un problema di odori molesti.
Come tutti gli annunci di qualsivoglia politico, sappiamo che anche stavolta finirà tutto in un nulla di fatto. Ma se dalla storia vogliamo trarre un insegnamento, non abbiamo molte alternative: solo lottando in prima persona, solo creando un terreno di confronto fra i cittadini al di fuori delle putride aule del comune, potremo ottenere qualche risultato. Ne va del futuro nostro e della nostra città.