Piccola patria, di Alessandro Rossetto. (…)
atipica opera di genere (dramma teenager, d’atmosfera noir e di disperata vitalità) dalla sostanza visiva e conoscitiva densa e destabilizzante, che cerca di capire che succede in un Veneto torbido dove tutti usano e abusano dei corpi degli altri
Milazzo fiorentina? Nau!
Il renzismo dilaga sempre di più. E Milazzo non è esente da questa nuovo pensiero che “rinnova” completamente il modo di fare politica. Alt! Stavamo scherzando…non siamo diventati improvvisamente filo-renziani, anzi apprendiamo che nel nostro territorio esistono più militanti (?) del Pd che, in modo diverso, vogliono bene all’ex sindaco di Firenze. E’ di queste ore infatti la notizia della costituzione della nuova associazione politico-culturale (??) “Adesso Milazzo”. Dopo il Big Bang di Antonio Napoli & co., abbiamo il piacere di constatare la presenza attiva (???) di un’altra area renziana, filo-amministrativa e prontissima a gettarsi nella mischia delle prossime elezioni comunali. “Adesso Milazzo” si fa forte della presenza di Stefania Scolaro e Salvatore Gitto, assessori in carica al comune di Milazzo, che al fine di non apparire sconfitti dall’arresto del loro caro amico Mr.Magoo (alias Francantonio Genovese) partono in largo anticipo con l’aiuto dei loro sodali (primo fra tutti, lo “scrittore” milazzese Filippo Lo Schiavo). D’altronde si sa, non si fa niente per niente, e quindi per contrapporsi all’area del Big Bang ( i renziani della prima ora), Scolaro e Gitto cercano con una serie di iscritti, perlopiù familiari e persone vicine per interesse soprattutto alla Scolaro, di mettere la loro impronta sul Pd milazzese scardinando le logiche democratiche di un partito che democratico non lo è mai stato. Il “nuovo” avanza in un mix di “confusione e contaminazione” e la Sig.ra Scolaro deve pur mantenere il suo potere messo a rischio da quei “monellacci” di De Marco e Ardita. La politica a Milazzo continua a essere affare di famiglia. Con buona pace di chi ancora crede alla buona fede di certi personaggi.
Bridget Jone’s Diary@LearnByCinema Il 17 aprile
“Attivisti no”, ovvero come gli imprenditori privati pasteggeranno sulla crisi italiana..
di Zoe
È un giorno di primavera e il sole inonda i cortili aperti di un vecchio monastero bianco a picco sulla costiera di Genova. Sono arrivati da tutto il mondo nella notte, manager businessmen i nuovi imprenditori della scienza per decidere il futuro del sapere in questo elegante paese anticamente gioviale. Le posture sono sicure e autorevoli, non vi è titubanza nei gesti o nelle parole. Le giacche grigio brillante si riflettono sui volti appena abbronzati e gli occhi blu di fascinosi uomini dalle movenze discrete risuonano nei passi a un tempo misurati e pesanti. Il potere contemporaneo ha una sua particolare fattura. Non esiste più l’autorità, come soleva esistere un tempo. L’autorità è fatta di cordialità leggera e sottile ironia. Ci sono dieci tavoli rotondi inondati di luce. Sembra una antica residenza reale o un pranzo di gala, chissà se anche in Francia tenevano pranzi così eleganti prima della rivoluzione. Sono in buona parte scienziati duri. Vengono dalle nuove tecnologie o dalle scienze ambientali, così facoltose oggi per chi vuole bonificare il mondo – beneficiate dalle stesse compagnie petrolifere che il mondo l’hanno macerato. Qui sostenibilità è la parola chiave. Chi lo sa, forse un tempo nei regimi coloniali fratellanza era la parola chiave. Gli accademici hanno una strana qualità sopraffina. Capiscono subito chi detiene il potere. Sono come cani segugi, annusano ogni angolo di strada e di sterco e scoprono infine dove stanno i soldi. Sembra che esista una specie di regola non scritta in queste circostanze. Il potere non parla molto. Annuisce oppure smentisce. Tutti sanno dove risiede semplicemente perché tutti gli sguardi tornano a lui – maschile singolare. Il potere indica qual è la verità.
Questa per loro è una breve pausa. Riprenderanno la riunione tra quaranta minuti. Ad intrattenerli come coreografici ospiti siamo arrivati in cinque. Alcuni di noi hanno fatto tre ore di viaggio per giungere al cerimoniale. Non tutti sembrano a disagio. Molti anzi sembrano starci comodi in queste corti. Magari una persona più cinica oppure più sveglia di me scriverebbe che la maggior parte di loro vuole starci e basta. Gli imprenditori della conoscenza arrivano da ogni parte del mondo. Giappone Stati Uniti Israele Emirati Arabi Cina e Corea. Si fermano per venti-trenta ore, giusto il tempo di decidere il nostro futuro e di andarsene. E’ questa la governance globale. Aerei privati arrivano e ripartono prima che tu te ne accorga. È una specie di prassi, di questi tempi. Lo smantellamento dell’istruzione pubblica in Italia è una straordinaria opportunità di investimento per gli imprenditori della scienza. Il sapere è denaro e il denaro è sapere. È questa l’equazione dei nostri tempi. Così in quelle sale si decide in quali valori dovranno credere le generazioni future. C’è una sorta di paternalismo dolce nell’aria: cosa vogliamo far sapere a questi giovani. Che cosa vogliamo che imparino e che cosa vogliamo oscurare dalla loro coscienza. Di fatto, il tutto ha l’aria di una specie di esperimento antropologico. Un pò come l’esperimento che fecero alla Scuola di Chicago laddove la gang di economisti più famosa al mondo selezionava in Cile i migliori talenti per poi formarli all’arte sottile del potere e della condiscendenza – la condiscendenza attiva alla dittatura di Pinochet – anche qui bisogna selezionare i migliori. Selezionarli e poi plasmarli a ciò che vogliamo che essi diventino.
Io sono arrivata in ritardo. Non riesco mai ad arrivare puntuale nei luoghi in cui non voglio andare. I posti sono assegnati. Nel mio tavolo c’è un tizio dagli occhi blu ed altre persone. Mi siedo. Scopro in fretta che tutti hanno una teoria sul mondo. L’Italia, per esempio, questa terra triviale stuprata dalla corruzione di giacche eleganti non è in crisi. Fuori non ci sono disoccupati e precari, soggettività tanto esaurite che prima o poi faranno saltare in aria Montecitorio. Non esistono, e se esistono non è quello il luogo in cui discuterne. I fatti, l’esperienza di chi sta ai margini del grande capitale – le frustrazioni di chi è incapace di vivere a questo mondo – non sono di nostro interesse. L’istruzione privata si dissocia da tutto ciò. Non ci dobbiamo fare carico di tutti i problemi del mondo e chi vuole lagnarsi può farlo altrove – qui stiamo costruendo un mondo nuovo. Qui stiamo costruendo un mondo efficiente, un mondo capace di riconoscere il merito e di premiarlo, un mondo eccellente in cui il primo passo per risolvere i problemi è dimenticarli – ricacciarli negli zoo umani di Goya o nelle banlieu parigine dove appartengono.
Parla così il potere contemporaneo. Il fascino discreto del potere si esprime per segregazione abitativa e linguistica. Il punto è che ciò che non porta capitale non esiste. Le potenzialità sociali del sapere? Oh please. Qui importa esclusivamente la sua capitalizzazione. “Stanno chiudendo le università perchè sai, qui sono spuntate come funghi negli ultimi anni”, dice una che in Italia manca da trent’anni. “Ce ne sono troppe”. “Poi in Italia mancano i ranking. Bisogna creare gerarchie, gli atenei devono essere differenziati in base al valore”. Valutazione qualità merito, ecco le parole chiave, le persone vanno selezionate scrupolosamente, ti ricordi Salò di Pasolini: bisogna capire chi ha il buco del culo più fitting. Anche la segretaria ha una propria teoria. “Prima di tutto il merito e gli altri fuori”. Evidentemente ha capito le parole magiche per essere presa sul serio: bisogna imparare a ruminare gli stessi concetti masticati in un dibattito politico senza dignità e poi bisogna essere disposti ad applicarli contro gli altri.
Nietzsche aveva capito tutto dell’eccellenza. È l’unico che l’ha descritta per ciò che è. Aspirare ad eccellere significa desiderare che “il prossimo, esteriormente o interiormente, soffra di noi”, scriveva. “L’aspirazione ad eccellere è l’aspirazione a soggiogare il prossimo”, quella “lunga serie di gradi di sopraffazione segretamente bramata”, che non a caso è “quasi simile a una storia della cultura” (Aurora). Smorfie, raffinatezza e “morbosa idealità”: sembrava parlasse di noi.
Dall’esterno quel palazzo sembrava una struttura principesca. Era la prima giornata di primavera e finalmente potevamo dismettere i cappotti. Smorfie, raffinatezza e “morbosa idealità”: c’era tutto. Era un pranzo fiabesco ma io mi sentivo percorrere la pelle da insetti e scarafaggi – era quella la sensazione – un senso costante di minaccia come se ogni mio gesto potesse essere il pretesto per un’esecuzione. Tsitsi Dangarembga in Condizioni nervose raccontava l’esperienza di sedere a tavola nell’epoca coloniale. Il colonialismo non è solo espropriazione. Il colonialista prescrive la verità. Tsitsi Dangarembga doveva adattare la sua condotta agli standard vittoriani. Nello Zimbabwe inglese doveva imparare a usare la forchetta e a stare seduta diritta. Gli inglesi osservano. Gli inglesi decidono ciò che è giusto e sbagliato. È un’opportunità, che ti viene data, sedere qui a tavola con noi. Il potere va corteggiato, il potere va riverito. Mica vorrai lamentarti, dell’opportunità che ti sta dando il potere?
C’era quest’uomo al mio tavolo, con gli occhi celesti. Era a lui che ritornavano gli sguardi e i silenzi quasi in attesa di approvazione. Mi faceva domande precise con fare in apparenza cortese. Dietro ai suoi sguardi e alle sue domande però non c’era simpatia. C’era intimidazione. Quell’intimidazione lieve che dice, hai capito chi comanda? La capacità di cattura del potere è direttamente proporzionale alla disperazione che crea. Come fate a chiederci di dimenticarla, la vostra capacità di investire sulle disgrazie. Come fate a chiederci di dimenticarla, la vostra condotta di raffinati cannibali.
C’è una cosa che non ho mai capito in quelle circostanze. Non ho capito come fanno gli altri a trovarvisi a loro agio. Io non riesco a respirare. Tutto il mio corpo diventa rigido e il fatto stesso di versare l’acqua sul bicchiere mi sembra un’esposizione eccessiva – cerco il momento in cui gli occhi si distraggono per evitare che qualunque gesto li riporti su di me. Nel tempo ho cominciato a capire che cos’è, la mia. È rabbia. Rabbia. Quel confine sottile tra la docilità e l’ira, perchè non riesco a perdonare questi dittatori passivi. Perchè il loro charm aggressivo aggiunge alla violenza l’ipocrisia. Perchè se davvero volete investire sulle disgrazie abbiate almeno il coraggio di presentarvi come avvoltoi – non come benefattori.
“Questo no, lo studiano gli attivisti”, dice a una donna alzatasi per consultarlo. “Nessun attivista”. Eravamo in quattro in quel momento al tavolo. Il tema era l’attivazione di un nuovo corso di laurea. Il no come al solito era distratto e fermo. Discorso chiuso. “Hai assaggiato il dessert che buono”, chiede volgendosi alla commensale alla sua destra. “Nè saperi critici né attivisti”. Punto.
Il tavolo si ferma. “Ah ho sentito tanto parlare di te”, mi dice qualcuno. Non capivo la relazione tra questa frase e la precedente. O meglio – avevo capito bene? “Attivisti no”. “No ma gli attivisti in qualche fase storica sono stati necessari”, risponde qualcuno all’uomo con gli occhi celesti. Chiediglielo a Rosa Parks a Mandela o ai migranti di Rosarno. Chiediglielo alla badante che gli pulisce il culo a tuo padre perchè i fottuti attivisti sono necessari, pensavo. “Un tempo servivano”, continua. “Oggi c’è Zoe”, dice indicando me. Lo dice seria, senza ironia. Mi sentivo come nelle riserve indiane: ne abbiamo un esemplare. Ora? Possiamo vivisezionarlo, smembrarlo oppure mandarlo direttamente in laboratorio. Che preferite farne? Non capivo. Secondo me non capivano neanche loro, che ci dovevo fare lì. Gli sguardi cercano un’uscita da quella specie di gaffe o impudente rivelazione della verità. “Attivisti no”, era davvero così semplice? Una schedatura politica come precondizione necessaria e non sufficiente per l’impiego. Una schedatura politica discussa e negoziata all’insaputa dell’interessato. Ecco d’un tratto comparire come criterio selettivo per l’impiego non solo l’orientamento sessuale la nazionalità di provenienza o l’estrazione economica. L’orientamento politico: ecco a voi il punto centrale. Per carità, nulla di nuovo in un’Italia che da decenni fa pulizia etnica del pensiero. E per carità, come altro si spiegherebbe altrimenti una proporzione così netta: nelle università attuali il pensiero critico è a zero e i baciapile sono migliaia. Ma la banalità di quella frase era tale da rimbombare: “attivisti no” “attivisti no” “attivisti no”. Davvero era così semplice.
Forse siamo sempre stati davvero troppo naive. Forse qualcuno di noi – con tutta questa tiritera del merito – ha davvero pensato che fosse venuto il suo turno. Forse qualcuno di noi ha pensato che fosse possibile trovare uno spazio, in accademia, perchè è vero: il pensiero critico è più complesso. Gli attivisti sono più colti. Gli attivisti hanno più sensibilità. E’ un dato di fatto, oltrechè una condizione di sopravvivenza. Ma questo non toglie che tutta questa riforma sia stata fatta per tenerli fuori – reclutamento diretto, lo chiamano. O privatizzazione del sapere – una scelta politica precisa e deliberata.
Dunque giusto per ricapitolare. C’è un paese che tra un anno, appena diventa operativo il pareggio di bilancio, diventerà rapidamente più povero della Grecia. Sanità, pensioni e istruzione: le prime a saltare. E poi c’è una pletora di investitori privati che sta a guardare con l’acquolina alla bocca – perché sulle disgrazie altrui c’è molto da investire. Uomini dai volti appena abbronzati e le movenze discrete che non hanno bisogno di esercitare un’autorità. Non hanno bisogno di convincerti, sei tu che devi convincere loro. Loro detengono il denaro, la morale e la verità. Puoi scegliere di esserne parte o di rimanerne fuori. È una scelta tua. L’unica libertà di scelta dei nostri tempi.
dal blog: minima&moralia
Presentazione di “Briganti o emigranti”
Il tema delle migrazioni è un argomento di massima importanza sulla scena politica attuale e tocca in maniera ancor più ravvicinata la popolazione siciliana. Questa questione si intreccia fittamente con il problema della cittadinanza negata ma anche della negata dignità perché, attraverso operazioni non sempre chiare, i migranti vengono “deportati” e resi oggetto di trattamenti inumani.
Anche di questo si occupa il libro “Briganti o emigranti- studi e movimenti tra conricerca e studi subalterni”, intrecciando la questione dell’immigrazione con un altro argomento di importanza estrema: il bisogno di spazi. Leggi tutto “Presentazione di “Briganti o emigranti””
Assemblea di Roma: casa, reddito e dignità per tutti!
Riportiamo da infoaut il report dell’assemblea di Roma, dove erano presenti diverse realtà in lotta di tutto il paese. Dai movimenti per la casa ai conflitti sul lavoro, da precari e studenti fino alle lotte territoriali contro la Tav o il Muos. Mentre le singole esperienze si sviluppano e diffondono localmente, l’appuntamento è per tutti il 12 Aprile a Roma.
Numeri delle grandi occasioni, quelli di oggi a Roma per l’assemblea nazionale di movimento, per la costruzione dell’esondazione di primavera e un nuovo ciclo di mobilitazioni. Più di 300 persone occupano i banchi dell’aula magna di Fisica, alla Sapienza.
Presenti tutte le lotte e i soggetti che stanno provando a resistere alla ristrutturazione dall’alto messa in atto dall’Europa delle banche e dell’austerity: movimenti di lotta per la casa, student*, precar*, lotte territoriali, resistenze operaie, sindacati conflittuali*.
L’impegno è presto preso: i movimenti non intendono lasciare il dibattito politico alle cronache sulla riforma della legge elettorale o all’incoronazione di un nuovo leader mediatico per le prossime europee. E’ urgente riprendere la parola e l’iniziativa là dove erano cominciati l’assedio e la sollevazione autunnali, ripartendo da quella Porta Pia che aveva mostrato al paese una composizione eterogenea e meticcia, che non si adatta all’invisibilità e alza la testa per riprendersi casa, reddito e dignità.
Il rinvio sine die del grande evento da contestare (vertice europeo sulla disoccupazione giovanile) non blocca l’iniziativa: possiamo organizzare e costruire una giornata di lotta autonomamente, senza l’appoggio di partiti e sindacati concertativi ma anche senza l’occasione offerta dalla controparte, questa la sfida che l’assemblea di oggi assume come programma di lotta per la primavera che viene, indicando nella giornata del 12 aprile una manifestazione nazionale contro l’austerità imposta dalla troika.
Molti interventi sottolineano le difficoltà del momento ma anche l’occasione di connettere le resistenze e le incompatibilità che iniziano a prodursi nel sociale di una composizione disaggregata, frammentata, spuria. Al centro dell’attenzione molti richiami alla sfida posta dalla modello renziano del Job Act e dal paradigma lavorativo incarnato nel modello Expo2015: lavoro iper-flessibile e a costo zero.
Molti gli accenni alla soggettivazione politica della Magistratura (nell’esempio della Procura di Torino contro il movimento notav) e alla monetizzazione repressiva dei conflitti sociali. Non a caso il calendario delle mobilitazioni di primavera parte con un appuntamento romano in appoggio alla lotta dei migranti di Ponte Galeria, per chiudere tutti i Cie (15 febbraio) e si arricchisce di una doppia giornata di mobilitazione contro la repressione – che darà seguito al 22 febbraio in solidarietà con il Movimento No Tav – il 14 e 15 marzo (un’assemblea-convegno il primo giorno, una manifestazione il secondo) a Roma.
Da segnalare anche il convegno bolognese sullle risorse e l’uso del denaro pubblico (15 febbraio) e l’appuntamento napoletano per ragionare sull’allargamento degli sportelli per il diritto alla casa a “sportelli sociali” capaci di aggredire i terreni del carovita, mobilità, sanità, tariffe, distacchi delle utenze (2 marzo).
Ma l’altro grande passaggio è l’indicazione per una riappropriazione generalizzata e diffusa sui territori della giornata del 1° maggio, con un’attenzione particolare all’appuntamento romano che intende contestare il carrozzone sindacal-circense del 1° maggio di piazza San Giovanni.
La strada è lunga e l’impogno da profondere tanto…ma se il 2013 è stato solo l’inizio della #Sollevazione, il meglio deve ancora venire…buon 2014!
Contro la Raffineria non bastano i “green” propositi
Pubblichiamo per intero un contributo di “Officina Rebelde” a proposito della raffineria di Gela. Drammatiche le similitudini con il nostro territorio. Si evidenzia l’insufficienza (o strumentalità) delle campagne politiche basate esclusivamente sul concetto di “azione risarcitoria”, come la necessità di una vera presa di coscienza collettiva riguardo dei mostri che rovinano salute e ogni possibilità altra di sviluppo del territorio, sotto lo spettro del solito ricatto occupazionale.
Gela: si tiene il primo incontro per promuovere azioni risarcitorie nei confronti dell’Eni sulla base del principio della “paura di ammalarsi”. Di seguito il report della giornata fatto da Andrea Turco.
Sabato 1° febbraio si è tenuto presso il museo archeologico di Gela un incontro promosso dalla neonata associazione Green antinquinamento, che intende promuovere azioni risarcitorie nei confronti dell’Eni attraverso lo strumento della causa in sede civile. La novità sta nel fatto che, sull’esempio di quanto avviato dal comitato di Milazzo denominato Aria pulita, si chiede un risarcimento morale ed esistenziale, oltre che patrimoniale e biologico. Per la prima volta in pratica le emissioni inquinanti non dovranno essere dimostrate tramite l’accertamento del nesso causale, o per meglio dire non si dovrà essere necessariamente malati per portare il colosso industriale in tribunale.
All’affollata conferenza erano tutti concordi nel sostenere che solo così si può ribaltare il ricatto occupazionale che da tempo grava sulla città e allo stesso tempo superare quella sorta di sudditanza, psicologica in primis, che la popolazione prova nei confronti di una sempre più acciaccata “mamma Raffineria”.
Su questa linea si sono incentrati gli interventi dell’avv. Antonio Giardina, del foro di Milazzo e precursore di questa pratica, e del giovane avv. Antonella Barbera, che ha elencato i singoli casi per cui si può ravvisare il cosiddetto principio della paura di ammalarsi con la possibilità appunto di ricorrere in sede civile. Più di ampio discorso i discorsi di Giuseppe Marano, ex consigliere in quota Verdi nel comune di Milazzo, e di Silvana Giglione, facente parte del comitato di cittadini (sempre di Milazzo) Aria pulita.
Molto ricco, infine, il dibattito successivo. Hanno detto la propria numerosi attivisti gelesi tra i quali Pietro Lorefice, di Legambiente, Valentina Cassarino del comitato Bonifichiamoci (che merita una storia a parte e che racconterò un’altra volta), per finire col pediatra Antonio Rinciani, che da sempre si occupa di assistenza ai numerosi casini di bambini malformati, e col vulcanico Saverio Di Blasi, fondatore dell’associazione Italia Nostra ed autore di numerose denunce nei confronti dei dirigenti dello stabilimento.
Fin qui la mera cronaca, è il caso di passare alle valutazioni politiche.
Chi dice che “in fondo siamo sempre le stesse facce” non s’accorge delle conseguenze di ciò che sembrerebbe una semplice attestazione, ed invece è il principale limite dell’iniziativa.
In fondo la proposta dell’imprenditore David Melfa, presidente dell’associazione Green Antinquinamento, si colloca nel solco delle centinaia e centinaia di iniziative simili promosse da 20 anni a questa parte. Ciascuna con la sua particolarità, certo: la richiesta finora disattesa di un registro tumori, il potenziamento dell’ospedale, gli esposti in procura, l’esigenza di un reparto di radioterapia recentemente inaugurato con un vergognoso ritardo di anni, eccetera eccetera … però con la caratteristica comune di accettazione dell’esistente. Nessuna proposta, e neanche l’azione risarcitoria nei confronti dell’Eni, alza di un millimetro l’asticella del conflitto. Una parola che sembra bandita dagli abitanti della città del golfo.
Qui negli ultimi tempi si è formato un pulviscolo di associazioni, gruppi e comitati (lo si sarà potuto notare dal parziale elenco scritto sopra) che “lotta” e che pretende diritti. Sempre però esclusivamente dal punto di vista ambientale e sanitario.
Senza mai riuscire a coinvolgere i veri protagonisti, quegli operai che della Raffineria non solo subiscono più di tutti le devastanti conseguenze in termini di malattie ma anche nel vissuto quotidiano: sotto forma di contratti lavorativi in deroga al nazionale, ammortizzatori sociali che durano anni e senza turnazione, metodi di lavoro da caporalato. Un solo esempio per tutti: ogni mattina operai con regolare contratto si presentano ai cancelli e solo lì scoprono se lavoreranno o meno, altrimenti vengono rimandati a casa e costretti a “mettersi in ferie”.
La sudditanza psicologica esercitata dalla Raffineria di Gela sui cittadini è nel caso degli operai in primis sudditanza economica. Da qui la necessità di ribaltare i rapporti di forza. Ecco perché l’azione risarcitoria acquista un senso se a portarla avanti sono centinaia e centinaia di operai. Perché andrebbe ad incidere sull’unico argomento che sta a cuore ai signori dell’industria. Con parecchio denaro che, è proprio il caso di dirlo, andrebbe in fumo.
Due mesi di Corsi autogestiti…..
Sono passati due mesi da quando abbiamo avviato l’esperienza dei Corsi. Il nostro spazio si è aperto ancora una volta a persone di ogni età e pensiero con le quali, oltre alle “lezioni”, abbiamo cercato di creare momenti comuni di confronto e condivisione.
L’idea dei “corsi” non ha in se nulla di straordinario: si tratta semplicemente di condividere dei saperi individuali, e, naturalmente, una parte del proprio tempo libero. Quello che forse rappresenta una novità, per Milazzo, è la possibilità di fare tutto questo completamente al di fuori delle logiche del profitto e del mercato. I corsi, infatti, hanno un costo simbolico, il minimo necessario per portare avanti l’autogestione.
Ovunque, in Italia e altrove, esistono esperienze analoghe. Dalle palestre alle biblioteche sociali, dalle ciclo-officine ai corsi di teatro, dai laboratori artistici ai mercatini dell’usato o del biologico: man mano che la crisi economica e sociale avanza, queste realtà si consolidano e si espandono a macchia d’olio. Non è un caso che anche a Messina, città tradizionalmente fatiscente, sia da più di un anno attiva l’esperienza del Teatro Pinelli Occupato, capace di trasformare uno spazio abbandonato in pieno centro in vero e proprio “bene comune”.
A Milazzo, oggi, abbiamo ancora tantissimo da fare. Le risposte che riceviamo dalla gente, però, superano ogni volta le nostre aspettative. In questo paese sembra mancare di tutto, a cominciare dagli spazi di socialità e condivisione (per grandi e piccini!). Con le nostre pratiche vogliamo opporci fermamente ad un sistema che sembra costruito per perdere il proprio tempo a girare per i centri commerciali o in un centro città vuoto di iniziative e progetti.
Per tutte queste ragioni abbiamo intenzione di continuare con i corsi, e anzi tentare di fare molto, molto di più. Naturalmente, con l’aiuto e la partecipazione di tutti coloro che vorrano!
Milazzo Rossa
Solidarietà al Pinelli
Stamattina le forze dell’ordine con un’operazione premeditata che ha l’obiettivo di disgregare l’aggregazione, il non-allineato, il non-conforme, hanno applicato un ordine di sgombero diramato dalla magistratura. Con una sola azione: la non legittimazione di chi ha ridato un’anima a un luogo abbandonato, l’ex casa del Portuale. Da Milazzo siamo vicini e solidali con i ragazzi del Teatro Pinelli che con tanta dedizione, da quasi un anno avevano creato in un luogo fatiscente, una realtà dinamica, un laboratorio di idee, un crocevia di incontri e di scambi umani. Evidentemente tutto questo dà fastidio all’ordine costituito che si ricorda dei propri beni, solo quando vengono fatti rivivere senza logiche speculative. Per ripartire e non abbatterci, oggi saremo presenti all’ assemblea cittadina alle ore 17 al Cantiere dell’incanto – Casa del Con , via Maddalena n 8 a Messina.
Riparte il cinema per bambini!
Ricomincia il cineforum per bambini! Cinque domeniche cinematografiche dedicate ai cartoni animati per bambini ma anche per chi li accompagna, per chi si sente ancora giovane, per chi vorrebbe tornare piccolo, per chi non è mai cresciuto.
Cinema per bambini:
19gen: La carica dei 101
02feb: The gnomo mobile
16feb: La fattoria degli animali
02mar: Madagascar
16mar: Le avventure di Zarafa
Le proiezioni saranno accompagnate da spuntini biologici fatti in casa e popcorn!